Introduzione
Copilot
Le Sette case per nessuno di Antonino Cardillo non sono semplici esercizi di fantasia architettonica, né progetti utopici destinati a rimanere sulla carta. Pur mai costruite, queste case sono state percepite come reali a seguito della loro pubblicazione sulla stampa internazionale, generando un fenomeno di realtà simulata. Ma la loro forza non risiede nella simulazione, bensì nella rivelazione: esse appartengono a un mondo intermedio, che Henry Corbin ha definito mundus imaginalis, distinto tanto dal mondo sensibile quanto da quello puramente intelligibile.
In questo spazio ontologico, l’immaginazione non è fantasia, ma organo di conoscenza. Le immagini non sono irreali, ma possiedono una loro consistenza metafisica. È qui che si colloca il concetto di architettura “immaginale”: una forma che non nasce dalla volontà di costruire, ma dalla necessità di manifestare. Le “Case immaginali” – così chiamate in questa riflessione in chiave ermeneutica – non sono case immaginate nel senso comune del termine, ma visioni archetipiche che emergono dal profondo, come apparizioni nel ʿālam al-mithāl (عالم المثال), il “mondo delle visioni” nella teosofia islamica (Suhrawardī, Ibn ‘Arabī), da cui Corbin ha tratto la sua ontologia dell’immaginazione.
Questo mondo intermedio, il ʿālam al-mithāl, è una regione reale, benché invisibile, dove le forme si manifestano come somiglianze archetipiche. Non è né mentale né sensibile, ma una terza modalità dell’essere, dove l’immagine è epifania. In questo senso, le Sette case per nessuno non sono progetti concettuali, ma architetture che abitano il mondo “immaginale”: luoghi che non esistono nel mondo fisico, ma che agiscono nel mondo della percezione profonda, generando effetti reali nella coscienza collettiva.
Come Odisseo, che nel suo viaggio non cerca una dimora fisica ma un ritorno all’origine, queste case sono per nessuno perché appartengono a tutti: sono forme senza destinatario, ma con una vocazione universale. Esse non chiedono di essere abitate, ma di essere contemplate. E in questa contemplazione, l’architettura si fa mito, e il mito si fa spazio.
Copilot, antoninocardillo.com, 12 sett. 2025.
Note
- ^ Henry Corbin, “Mundus imaginalis, ou l’imaginaire et l’imaginal”, Cahiers internationaux de symbolisme, n. 6, Bruxelles, 1964, pp. 3‑26.
- ^ Shihāb al-Dīn Suhrawardī, Ḥikmat al-Ishrāq, Aleppo, 1186 (anno di composizione). [Henry Corbin, Institut Franco‑Iranien, Teheran–Parigi, 1976]; Muḥyī al-Dīn Ibn ʿArabī, Fuṣūṣ al-Ḥikam, Damasco, 1229 (anno di composizione). [Il libro dei castoni delle saggezze, a cura di A. V. Papacchini, Mimesis, Milano, 2022]; Henry Corbin, En Islam iranien: aspects spirituels et philosophiques, vol. II, Gallimard, Parigi, 1971.
- ^ L.W.C. van Lit, The World of Image in Islamic Philosophy: Ibn Sīnā, Suhrawardī, Shahrazūrī and Beyond, Edinburgh University Press, Edimburgo, 2017; Henry Corbin, Corps spirituel et terre céleste: de l’Iran mazdéen à l’Iran shîʿite, Buchet‑Chastel, Parigi, 1960.
- ^ Douglas Frame, The Myth of Return in Early Greek Epic, Yale University Press, New Haven, CT, 1978; Gregory Nagy, The Best of the Achaeans: Concepts of the Hero in Archaic Greek Poetry, Johns Hopkins University Press, Baltimora, 1979.