

Testo
Antonino Cardillo
La luce, prima di entrare nello spazio centrale, è costretta a filtrare raffreddandosi nel vuoto delle torri angolari, camere di luce, simili a quelle utilizzate dai maestri del Barocco.
— Paolo Portoghesi, La Luce nell’Architettura Moderna (1969)
In sequenza lungo un asse, le tre zone della cucina, del soggiorno e del riposo sono rappresentate da edifici giustapposti la cui forma rimane riconoscibile all’esterno: un poliedro trapezoidale, un’ampia aula rettangolare e una torre articolata su due livelli.
All’interno, aperture e percorsi tessono dialoghi tra ciascuna cavità. I silenzi non sono tutti uguali. Il silenzio di una grande navata è differente da quello di una stanza. Ed ancora più diversi possono essere i rumori esterni della campagna percepiti attraverso un grande silenzio.
Così, in una lunga aula centrale, modulata in pianta e in alzato da tre quadrati di sei metri di lato, si invera il cuore del progetto. La pavimentazione di travertino e una stesura di stucco veneziano sull’ampia volta sviluppata in lunghezza, realizzano, attraverso l’omogeneità cromatica, un nastro continuo che, avvolgendo i fruitori, offre una sorta di pagina vuota su cui scrivere il proprio vissuto.
Al contempo, alla luce, proveniente dai lati lunghi della stanza, è data la possibilità di interpretare lo spazio. Sul lato sud la posizione delle finestre accoglie il sole invernale e, attraverso una spessa e vasta lunetta di cemento, scherma quello estivo. Sotto, al centro, un blocco di travertino è scavato da una bassa cavità. Al suo interno un parallelepipedo funge da banco di lavoro per la cucina, occupandone il centro; a fondale un portale conduce alla dispensa e due brevi finestrature marcano gli angoli della stanza conducendo verso la terrazza esterna.
Sul lato opposto dell’aula, a nord, le finestre si restringono verso gli angoli, verticalizzandosi. Da pavimento a soffitto, le aperture raccolgono i fugaci fasci obliqui del sole durante l’alba e il tramonto estivo che, penetrando la stanza in diagonale, colorano lo spazio di nuovi significati.
Nel passaggio tra la grande aula e la torre del riposo, infine, una luce cerulea, celando la sua fonte, scivola dall’alto lungo le paratie lignee e cementizie dei percorsi e delle scale di accesso alla torre, realizzando una quinta scenica cangiante, un quadro prospettico in continuo mutamento.
L’Arca, n. 237, Milano, giu. 2008, p. 74.