Conferenza
Antonino Cardillo
Tempo fa, lessi sulla Lettera sull’Umanismo di Martin Heidegger la seguente frase: “Nel pensiero, l’Essere, perviene al linguaggio. Il linguaggio è la casa dell’Essere e nella sua dimora abita l’uomo. Coloro che pensano e coloro che creano con le parole sono i custodi di questa dimora.”[1] Questa frase riferiva ai temi di architettura ‘abitare’, ‘casa’ e ‘linguaggio’. Secondo Heidegger, il linguaggio sembrava così essere una ricerca sull’origine del significato delle parole. Per molto di ciò che è stato costruito nel mondo, la presenza delle ‘parole’ Volta, Grotta e Arco è stata costante. L’età moderna, di contro, aveva progressivamente rimosso queste ‘parole’ antiche dal linguaggio del tempo presente. Nuove ‘parole’, che riferivano alla civiltà delle macchine, furono introdotte. Una lettura deterministica del fenomeno interpretava tale sostituzione quale conseguenza dell’introduzione delle nuove tecniche di costruzione, rese possibili dall’avvento della Rivoluzione Industriale (cemento, ferro e vetro). Ma, nonostante tutto, le ‘parole’ Volta, Grotta e Arco abitano ancora il nostro immaginario. Incarnano archetipi che ci muovono ancora oggi.[2] Secondo Heidegger, ‘il linguaggio è la casa dell’Essere’, quindi, il suo accadere nel tempo potrebbe rivelarci la struttura nascosta di quella storicità che lo rende possibile. Le ‘parole’ Volta, Grotta e Arco accadono nell’esercizio della funzione psicologica della Sensazione: quella possibilità di trasfigurare l’esperienza che facciamo del mondo attraverso il nostro corpo, nell’architettura. L’architettura moderna sembrava aver smarrito questo discorso erotico-sacrale. Le sue forme apparivano quali conseguenze del pensiero logico, la cui sopravvalutazione inibisce ogni possibile conoscenza integrale della realtà.
Nel 1824, lo studioso di antichità Jakob Ignaz Hittorff scoprì in Sicilia alcune tracce di colore su di un piccolo tempio, tra le rovine dell’antica città di Selinunte.[3] Così, ipotizzò che i templi greci non dovevano essere stati bianchi. Sino ad allora, la società europea aveva proiettato sul pregiudizio storico della purezza greca, la legittimità del proprio agire nel mondo. Questo fenomeno di immedesimazione persiste ancora oggi, ma questa istanza di purezza non proviene da un passato ‘classico’, come vorrebbe far credere chi ‘usa’ la storia per legittimare il proprio operato, ma è una conseguenza della civiltà delle macchine. Una conseguenza di quella interpretazione scientifica del mondo che trova rappresentazione nel gabinetto di scienza del Secolo dei Lumi. Ciò rivela la natura del problema: l’istanza civilizzatrice europea, che pervade ancora a tutt’oggi larga parte delle sue ex-colonie, è fondata sul primato della funzione psicologica del Pensiero. Così, nell’inverare quell’ideale di purezza che culmina nell’assolutismo del bianco, l’architettura moderna rivela il modello comportamentale (pattern of behaviour) che la muove. La policromia, invece, parla della natura inclusiva del ‘classico’. Il colore riferisce alle cose del mondo: il mare, la terra, la foresta, il fuoco e il cielo. Il colore possiede il potere dell’evocazione: in sequenza e nelle associazioni, la policromia rende possibile il linguaggio universale dell’architettura.
Antonino Cardillo, ‘Vaults, grottoes, arches and polychromy’, conferenza parte di Heinze ArchitekTOUR Kongress, STATION-Berlin, Salone 3, Berlino, 23 nov. 2017. Fotografia: Marcus Jacobs
Note
- ^ Martin Heidegger, Über den Humanismus, Klostermann, Francoforte sul Meno, 1949; ed. it., Lettera sull’Umanismo, Adelphi, Milano, 1995, p. 31.
- ^ Carl Gustav Jung, Psychologische Typen,[↗] Rascher & Cie. Editore, Zurigo, 1921; ed. it., Tipi Psicologici, Bollati Boringhieri, Torino, 2016, p. 493.
- ^ Jakob Ignaz Hittorff, Restitution du Temple d’Empédocle a Sélinonte, Ou l’Architecture Polychrôme chez les Grecs.,[↗] Librairie de Firmin Didot Frères, Parigi, 1851.