Cardillo

Samuel Butler: l’Odissea e il futuro delle macchine

Trapani, 26 aprile 2022 (conferenza)

(trascrizione)

Trascrizione editata della conferenza di Antonino Cardillo su Samuel Butler, tenuta al Bar Piccadilly di Trapani nell’aprile 2022


Conferenza

Quando tornai a Trapani, nell’inverno del 2015, iniziai a raccogliere alcune informazioni sul passato del luogo e mi imbattei in un libro di Samuel Butler, The Authoress of the Odyssey (1900).⁠ Rimasi sorpreso nello scoprire che un personaggio così noto in Inghilterra avesse soggiornato per mesi a Trapani alla fine dell’Ottocento.

Attraverso Peppe Occhipinti venni a sapere che Butler, in uno dei suoi diversi soggiorni trapanesi, aveva abitato proprio ai piani superiori di questo edificio – l’attuale Bar Piccadilly. Quando poi incontrai Antonio Maccotta, il gestore [2022], mi venne l’idea di condividere con lui questa informazione. Da lì, col tempo, maturò il progetto di rendere più manifesta la presenza di Butler in questo luogo. La piccola targa che oggi ho donato ad Antonio e che abbiamo affisso sulla facciata non è soltanto un ricordo simbolico, ma anche un modo per colmare una grave mancanza: l’assenza, per decenni – forse per oltre un secolo – di una memoria civile di Samuel Butler a Trapani.

Vorrei dunque provare a tratteggiare, seppur rapidamente, la figura di Butler.

La vita di Samuel Butler

Butler visse nel XIX secolo. Inglese, studiò letteratura classica al St John’s College di Cambridge. Suo padre, un ecclesiastico severo, desiderava che diventasse pastore anglicano. Per sottrarsi a questa imposizione, Butler si imbarcò per la Nuova Zelanda: un viaggio che all’epoca durava circa un mese. Lì, in circostanze molto diverse dall’Inghilterra vittoriana, si dedicò per quattro anni all’allevamento di pecore. È sorprendente pensare che un giovane formatosi sugli autori classici accettasse un simile sacrificio pur di conquistare la propria libertà.

Con una gestione oculata riuscì a vendere la fattoria che aveva realizzato e, tornato in Inghilterra, ottenne una relativa indipendenza economica dal padre. Questo gli permise di dedicarsi alla scrittura e alla pubblicazione delle sue ricerche.

Butler fu scrittore, ma anche studioso appassionato di discipline diverse: dalla biologia alla religione, dall’antropologia al darwinismo, fino alla letteratura classica. È ricordato, tra l’altro, per essere stato uno dei primi a tradurre in prosa l’Iliade e l’Odissea, contributo che ancora oggi viene considerato significativo.

Erewhon e la coscienza delle macchine

Intorno ai trent’anni, di ritorno dalla Nuova Zelanda, pubblicò anonimamente il romanzo Erewhon (1872)⁠ – titolo che è l’anagramma imperfetto di nowhere, “nessun luogo”. Il libro racconta il viaggio di un protagonista che, giunto in un luogo remoto del pianeta terra, scopre una civiltà sconosciuta, tecnologicamente più avanzata dell’Inghilterra vittoriana di circa tre secoli. Ma in questa società tutto ciò che in Inghilterra era considerato normale appariva rovesciato. Il romanzo, satira feroce della società vittoriana, suscitò interesse ma anche disagio.

Una delle sezioni più note è il “Libro delle macchine”, in cui Butler ipotizza che, tre secoli prima, in quella civiltà le macchine fossero state proibite perché ritenute capaci di sviluppare coscienza e di auto-riprodursi. Questa intuizione, che sembra anticipare concetti della cibernetica (formalizzata solo nel XX secolo), colpì anche George Orwell, che nel 1939 presentò Erewhon in una trasmissione radiofonica.⁠ Butler, applicando in modo polemico la teoria darwiniana alle macchine, suggeriva che, se l’evoluzione vale per gli organismi viventi, allora potrebbe valere anche per le macchine: esse potrebbero un giorno sviluppare autonomia e coscienza, fino a minacciare l’uomo.

Alcuni hanno visto in questa idea un nucleo narrativo che riecheggia in opere molto più tarde, come il film The Terminator (1984),⁠ o nella saga di Dune di Frank Herbert,⁠ dove si parla della “Jihad Butleriana”, una guerra contro le macchine pensanti. Anche Aldous Huxley, autore di Brave New World (1932),⁠ sembra aver risentito dell’influenza di Butler, soprattutto per l’idea di mondi distopici in cui la società è rovesciata o controllata da poteri repressivi.

George Bernard Shaw descrisse Butler come «uno degli scrittori più suggestivi e brillanti del XIX secolo»,⁠ pur riconoscendo che non fu mai pienamente accolto in patria, forse a causa della scarsa propensione inglese all’introspezione filosofica rispetto alla tradizione tedesca.

La questione dell’autocoscienza

In ogni caso, Butler ebbe una straordinaria capacità di proiezione, anticipando questioni che oggi ci toccano da vicino. Pensiamo, ad esempio, ai moderni processori dotati di capacità di apprendimento automatico: sistemi che analizzano i comportamenti degli utenti e imparano da essi. Non sappiamo ancora a cosa porterà tutto questo, ma la domanda che Butler poneva resta attuale: se le macchine imparano da noi, quale sarà il passo successivo?

Il punto centrale, a mio avviso, resta quello dell’autocoscienza. La questione della cibernetica – e oggi diremmo dell’intelligenza artificiale – sembra sempre ricondursi a un interrogativo: fino a che punto un sistema può evolvere al punto da generare una forma di coscienza e, di conseguenza, un potere di controllo?

Un esempio pertinente potrebbe essere quello di Google. Sappiamo che il motore di ricerca si basa su algoritmi complessi, che si auto-modificano e si perfezionano in base alle ricerche degli utenti. Ma fino a che punto un simile sistema potrebbe acquisire una coscienza propria, o addirittura sostituirsi a quella umana?

Qui inevitabilmente si sconfina nella psicologia. Secondo Erich Neumann,⁠ la coscienza non è un dato originario, ma il risultato di un lungo processo di differenziazione dall’inconscio collettivo. In uno stadio primordiale – che egli descrive attraverso simboli mitologici come l’“Uroboros” o la “Grande Madre” – l’essere umano viveva in una condizione di fusione indifferenziata con il mondo, priva di chiari confini tra sé e l’ambiente.

Solo progressivamente, attraverso immagini e miti che riflettono archetipi universali, si sarebbe formato un “Io” capace di distinguersi, di riflettere su sé stesso e di collocare gli eventi in una sequenza temporale. La coscienza, dunque, non sarebbe sempre esistita: essa emergerebbe come conquista storica e psicologica, frutto di un processo di separazione e di individuazione.

Se una macchina fosse in grado di elaborare una forma di coscienza analoga a quella che, secondo Neumann, l’uomo ha conquistato solo attraverso un lungo processo di differenziazione dall’inconscio, allora potrebbe forse sviluppare anche una tentazione di dominio o di potenza. Su questo tema, naturalmente, esiste un’ampia narrativa di fantascienza; ma ciò che mi interessa sottolineare è che già Samuel Butler, con Erewhon, aveva intuito la questione. Vi invito, se potete, a leggere questo romanzo: la Biblioteca Fardelliana di Trapani conserva una splendida edizione antica, donata dall’autore.

Butler e l’Odissea

Erewhon fu pubblicato anonimo nel 1872 e suscitò curiosità sull’identità dell’autore. Solo in seguito Butler ne rivendicò la paternità, sorprendendo alcuni ambienti letterari, poiché non era ancora un nome noto. La sua posizione critica lo mise in contrasto sia con i darwinisti sia con i difensori del creazionismo legato alla Chiesa anglicana: egli riteneva entrambe le visioni troppo dogmatiche e cercava una prospettiva più complessa. La sua formazione a Cambridge lo aveva segnato. Erewhon fu una satira della società vittoriana nel suo complesso.

Ed è qui che arriviamo a Trapani. Butler, interessato all’Iliade, all’Odissea e alla cartografia dei portolani, cominciò a maturare un’idea: vi era una differenza troppo marcata, diremmo oggi psicologica, tra i due poemi. L’Odissea descrive luoghi e situazioni domestiche, quotidiane, mentre l’Iliade è marziale, celebrativa, eroica. Anche i protagonisti hanno caratteri psicologici molto diversi.

Da questa osservazione Butler ipotizzò che i due poemi non potessero essere opera di un’unica persona. All’epoca si credeva che Omero fosse un autore reale; oggi sappiamo che la questione è più complessa, e che “Omero” potrebbe essere una costruzione collettiva. Butler arrivò a proporre che l’autrice dell’Odissea fosse una donna. Per l’Inghilterra vittoriana fu uno scandalo: era inconcepibile che una donna potesse essere autrice di un’opera così centrale.

Trapani come Scheria

A partire da questa ipotesi, Butler cominciò a elaborare una lettura psicologica dell’Odissea, che affiancò progressivamente a un’indagine geografica sul poema. Già nei suoi primi scritti del 1892, pubblicati in riviste inglesi e italiane, si trovano entrambe le componenti. Egli osservò che i luoghi descritti nel testo non corrispondevano alle località che oggi portano quei nomi. Studiando carte nautiche e viaggiando lungo la costa occidentale della Sicilia – dalla grotta Mangiapane di Custonaci fino alla laguna dello Stagnone – credette di riconoscere corrispondenze con i luoghi narrati.

Scrisse persino al sindaco di Trapani per annunciare il suo interesse a trasferirsi qui e condurre un’indagine sistematica. Da queste ricerche nacque The Authoress of the Odyssey (1897), in cui sosteneva che l’autrice fosse una donna, identificabile con la figura di Nausicaa, la giovane che accoglie Odisseo sulle rive della sua città dei Feaci. Butler ipotizzava che quella città fosse proprio Trapani. Il luogo del naufragio di Odisseo, dove incontra Nausicaa, secondo Butler corrisponderebbe alla foce di un fiume oggi scomparso, situato sul lato orientale del porto.

A Trapani egli condusse una ricerca che potremmo definire quasi antropologica: non si limitò a un’indagine storica, ma raccolse materiali sul campo, fotografò luoghi e persone, interagì con i locali, annotò leggende, usi alimentari e toponimi. Per la fine dell’Ottocento, questo metodo di investigazione storica – che instaurava un rapporto dialogico tra un presente antropologico e un passato archeologico – era straordinariamente innovativo.

Una delle sue letture più suggestive riguarda lo Scoglio del Malconsiglio, la punta estrema della penisola a forma di falce di Trapani, dietro la Torre di Ligny. Una leggenda locale racconta che fosse una nave turca pietrificata dalla Madonna di Trapani. Butler ipotizzò che in questa leggenda potesse sopravvivere un’eco della “nave pietrificata” dei Feaci.

Oggi, al di là della validità della sua ipotesi, ciò che colpisce è il metodo: Butler non accettava la storia così come tramandata, ma la metteva in discussione. La filologia accademica del suo tempo tendeva a considerare l’Odissea come un testo greco canonico, da interpretare entro i confini della tradizione classica. Butler, invece, suggeriva che ogni documento fosse ambiguo, soggettivo, espressione di un punto di vista. In questo senso, la sua operazione di “riambientare” l’Odissea in Sicilia fu un esercizio di ermeneutica: dare un nuovo significato all’opera, quasi come se fosse un set cinematografico trasposto in un altro luogo.

Questa intuizione appare oggi straordinariamente anticipatrice. Butler non disponeva ancora degli strumenti della psicologia, che solo nel Novecento si sarebbe configurata come disciplina, ma il suo lavoro anticipava una lettura psicologica dei testi.

Eredità e profezia

Quando morì, Butler lasciò al suo amico Henry Festing Jones una somma di denaro con l’incarico di tornare a Trapani e donare alla Biblioteca Fardelliana il manoscritto di The Authoress of the Odyssey. Questo gesto di gratitudine è significativo: avrebbe potuto conservare il manoscritto in Inghilterra, dove sarebbe stato meglio protetto, ma preferì lasciarne traccia a Trapani. Festing Jones, a sua volta, scrisse un diario di quel viaggio in Sicilia.⁠

Butler fu postumamente apprezzato da scrittori come George Bernard Shaw, George Orwell, Aldous Huxley, Frank Herbert e altri, che ne riconobbero l’importanza. Ma il grande pubblico non lo comprese subito. Per dare un’idea: persino Shakespeare, che oggi è considerato il simbolo della letteratura inglese, conobbe un lungo periodo di declino dopo la sua morte nel 1616, e fu riscoperto solo tra la fine del Settecento e l’Ottocento, grazie al Romanticismo e alla critica tedesca. Questo ci ricorda che il riconoscimento di un autore radicale richiede spesso tempi lunghi.⁠

Così, il manoscritto, purtroppo, fu trascurato dalle istituzioni locali. Eppure, anche se Butler fosse stato un autore minore, sarebbe stato giusto ricordarlo almeno con una via o un segno toponomastico. Tanto più che parliamo di un pensatore che ha anticipato temi cruciali della contemporaneità: il rischio che il progresso tecnologico si trasformi in un sistema di controllo.

In questo senso, Butler sembra aver lanciato un avvertimento: ciò che appare come progresso può diventare una macchina infernale di dominio. L’informatica, certo, è uno strumento straordinario di democrazia e di partecipazione, ma senza adeguati contrappesi rischia di essere governata dal capitale e dalle logiche di possesso.

Qui Butler si scagliava contro l’idea stessa di identità etnica e nazionale, che considerava una forma di infantilismo collettivo. Solo mettendo in discussione ciò che si possiede – anche la propria identità – si può crescere. È questo che l’Inghilterra vittoriana non gli perdonò: averne messo a nudo le contraddizioni.

Eppure, ciò che allora appariva come un atteggiamento provocatorio, oggi può essere letto come profezia. Butler, considerato un critico scomodo dai suoi contemporanei, appare oggi come un pensatore capace di avere individuato le radici dei dilemmi del nostro tempo.


Note

  1. ^ , The Authoress of the Odyssey [1897], Jonathan Cape, Londra, 1922.
  2. ^ , Erewhon, Trübner & Co., Londra, 1872.
  3. ^ , “Review of Erewhon by Samuel Butler”, BBC Radio Broadcast, 1939.
  4. ^ , , The Terminator, Orion Pictures, Los Angeles, 1984.
  5. ^ , Dune, Chilton Books, Philadelphia, 1965.
  6. ^ , Brave New World, Chatto & Windus, Londra, 1932.
  7. ^ , “The Infidel Half Century”, Back to Methuselah: A Metabiological Pentateuch, Constable & Co., Londra, 1921.
  8. ^ , Storia delle origini della coscienza [1949], Astrolabio, Roma, 1978.
  9. ^ , Samuel Butler: A Memoir, Macmillan & Co., Londra, 1919.
  10. ^ , Shakespeare: The Invention of the Human, Riverhead Books, New York, 1998.
Samuel Butler, Motzia

Samuel Butler (fot.), Motzia, laguna dello Stagnone, Marsala, 1893 – 1894; stampa fotografica su albumina, St John’s College Library, Cambridge.

Fonte

  • , “Samuel Butler: l’Odissea e il futuro delle macchine”, conferenza al Bar Piccadilly, Trapani, 26 apr. 2022; trascrizione pubblicata su , 1 ott. 2025.