

Testo
Antonino Cardillo
L’uomo naturale non è un ‘Sé’, ma massa e particella nella massa, qualcosa di collettivo al punto da non esser nemmeno sicuro del proprio ‘Io’. Per questo ha bisogno, fin dai tempi più antichi, dei misteri della trasformazione che lo fanno diventare ‘qualcosa’ e che in questo modo lo strappano alla psiche collettiva, animale, che è pura e semplice pluralità.
— Carl Gustav Jung, Psychologische Typen (1921)
Il ristorante e bar Off Club riunisce il cinema di Kubrick e De Palma, Grand Theft Auto IV, il distretto art deco di Miami, le illusioni ottiche di Escher, le iconostasi bizantine e i paraventi giapponesi.
L’opera continua l’investigazione sulle Immagini Primordiali proponendo un ambiente che riunisce il piano sensoriale della tattilità a quello intuitivo, che proietta sulla realtà la psiche dell’osservatore. Lo spazio tra le cose ricorda lo schema di un mandala e le ultime opere di Mies van der Rohe – tema del doppio e dell’uno diviso.
Due sale destinate all’accoglienza realizzano un raumplan di sei metri di altezza. Intorno, un recinto di sedici metri di lato unifica le diverse quote impostando la base della Volta delle Ombre Dorate. Quest’ultima, coprendo lo spazio interno al recinto, è scavata al centro da una laguna nera di forma absidale.
Sotto questo centro, un palazzo in falsa scala racchiude contenuti e funzioni dei due bar. Costruiti da due altari gemelli lunghi 7,22 metri di granito nero, entrambi i bar – mixology al piano superiore e sushi al piano inferiore – contrappuntano i fronti del palazzo verso le due sale.
Con la sua doppia facciata grigia, il palazzo esercita la funzione apotropaica di dare volti allo spazio. Una iconostasi, realizzata da due monoliti neri gemelli intagliati da archi elongati di rame, maschera il volto del palazzo verso la strada. Attraverso la fessura creata dalla separazione dei monoliti, si rivela una prospettiva di figure.
Archi, rombi, triangoli e dischi sembrano evocare ritualità arcaiche. Qui, sintassi antiche e moderne trovano una conciliazione. Così, quest’ordito di paesaggi fisici e psichici rappresenta l’idea dell’architettura quale trasfigurazione dell’umano.